Il Medico Risponde

Le domande possono essere poste direttamente al dott. Canciani compilando il modulo che segueOltre a rispondere personalmente, il dottor Mario Canciani sceglie i casi più istruttivi e più pratici, che possono essere utili anche per altri bambini, e li inserisce in questa sezione, naturalmente senza divulgare nomi e indirizzi di chi ha posto i quesiti per evidenti ragioni di privacy. Ricordiamo che le risposte qui riportate non devono in alcun modo sostituire il regolare consulto medico necessario per i vari casi specifici. Inviando il vostro messaggio acconsentiti al trattamento dei vostri dati personali sensibili per i soli fini indicati e nel rispetto delle normative vigenti sulla protezione dei dati.

INFORMATIVA SULLA PRIVACY –
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VIII. MODIFICHE AL PRESENTE DOCUMENTO

1. Il presente documento, pubblicato all'indirizzo: www.associazionealpi.com/privacy-policy
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2. Esso può essere soggetto a modifiche o aggiornamenti. Si invitano gli utenti a consultare periodicamente la presente pagina per essere sempre aggiornati sulle ultime novità legislative.
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DOMANDE E RISPOSTE SIGNIFICATIVE

D: Non ricordo che quando ero bambina ci ammalavamo così spesso, come ora succede ai miei figli e ai loro compagni. È cambiato qualcosa? Quando ci si deve preoccupare?


R: In effetti ha ragione: oggi i bambini si ammalano di più di una volta, probabilmente per l’aumento dell’inquinamento atmosferico, che irrita continuamente le vie aeree, producendo un aumento delle secrezioni in tutti i distretti (naso, gola, orecchie, bronchi), che causano poi sintomi respiratori.
Di solito si considerano normali 8 episodi respiratori ben evidenti all’anno, cioè con febbre superiore a 38°. Solo in tali casi vanno considerate ulteriori indagini, che comprendono la valutazione delle difese anticorpali, dei linfociti, delle immunoglobuline ed ev. anche della motilità (chemiotassi) e della capacità di mangiare (fagocitosi)dei globuli bianchi e la motilità delle ciglia respiratorie, tutte indagini che possono essere eseguite nel Servizio di Allergo-Pneumologia Pediatrica dell’Università di Udine (v. inserto nella home page o qui accanto)

D: Che cos’è la Mantoux?

R: L’intradermoreazione secondo Mantoux è il primo test da eseguire nel sospetto di tubercolosi: in pratica, si va con un aghetto sottile negli strati più superficiali della pelle e si inietta una piccola quantità di un derivato del bacillo di Koch, poi si misura il diametro del pomfo (brufoletto) che si forma a 72 ore. La prove è negativa se il diametro è inferiore a 5mm, dubbia se tra 5 e 10 mm, positiva oltre i 10 mm.

D: Nella classe di mio figlio ci sono stati 3 casi di scarlattina; è stato consigliato di eseguire il tampone faringeo a tutti gli alunni e qualcuno è risultato positivo, pur essendo asintomatico. A questo punto qualche medico ha consigliato il trattamento antibiotico per 10 giorni, altri hanno detto che non serve. Ha senso inoltre eseguire un tampone faringeo al termine del trattamento antibiotico?

R: In chi non ha malattie o non ha sintomi, non ha senso fare la ricerca dello streptococco, anche perché questo si ritrova in quasi il 30% delle persone sane. Secondo la circolare ministeriale del 13.3.98, l’unica indicazione a eseguire un tampone faringeo è nel caso in cui ci sia una situazione epidemica (cioè non solo 3 casi) e di malattie rischiose (febbre reumatica o nefrite) nello stesso gruppo familiare o in una piccola collettività. Non va neanche fatta la ricerca dell’avvenuta eradicazione dopo un trattamento antibiotico, perché lo streptococco è un microbo sempre sensibile alle penicilline, che sono gli antibiotici di prima scelta. Non dimentichiamo che in certi casi si crea una condizione di saprofitismo tra paziente e microbo, per cui lo streptococco persiste nelle tonsille ma non è pericoloso per il paziente.

D: A mio figlio di 4 anni è stata posta diagnosi di bronchite asmatiforme. Non ho ben capito di cosa si tratta. Il pediatra consiglia ripetuti cicli di aerosol con broncodilatatori e cortisonici. Io sono un po’ preoccupato soprattutto per l’uso di questi ultimi. Cosa ne pensate?

R: Per bronchite asmatiforme si intende quella situazione caratterizzata da episodi di broncospasmo, cioè di restringimento dei bronchi, dopo un’infezione respiratoria, quasi sempre virale. E’ una patologia tipica del bambino che va all’asilo, specie maschio, che presenta dei bronchi più sensibili (ipereattivi in linguaggio medico). Questa ipereattività è raramente scatenata, come succede nel bambino grande o nell’adulto, dagli allergeni (polvere di casa, pollini, muffe…), ma dalle comuni infezioni virali. Questo è il motivo per cui di solito i bambini si ammalano quando entrano in comunità (asilo nido, scuola materna) e hanno maggiori probabilità di passarsi delle infezioni attraverso le secrezioni respiratorie (saliva, moccoli, tosse). La terapia si basa su un broncodilataore per via aerosolica, tipo il salbutamolo, raramente associato a un cortisonico per bocca, il tutto per qualche giorno (in genere 2-3). In questi casi, diversamente che nel broncospasmo scatenato dagli allergeni, il cortisonico per via aerosolica serve poco e va riservato a quei bambini che presentino segni di ipereattività bronchiale anche al di fuori delle infezioni (tosse in occasione di una corsa, di una risata, del cambiamento di tempo), quelle che gli anglosassoni chiamano “multi trigger wheezing”

D: Eruzione cutanea solo di giorno agli arti e al viso in bambina di 2 anni

R: Se le macchie compaiono di giorno e scompaiono la notte, bisogna ricercare qualche stimolo che agisca solo in questa parte del giorno, come alimenti, fattori climatici (caldo eccessivo) o comportamentali (stress). Anche se bisognerebbe vedere la bambina per porre una diagnosi certa, da come le descrive mi sembra trattarsi di orticaria, cioè di quella malattia caratterizzata da macchie dapprima rosse, poi bianche (pomfi), dovute alla liberazione d’ istamina. Nel bambino la causa è quasi sempre virale, dovuta alla liberazione di istamina causata dagli agenti infettivi, quasi sempre virali. A quest’età non serve quasi mai un’alimentazione senza cibi contenenti o liberatori di istamina, che va riservata a casi rari, di cui non si capisce la causa e proseguita per un mese con l’esclusione di frutta secca, coca cola, cacao, agrumi, melone, fragole, formaggi fermentati -grana, gruviera,pecorino- pesce, pomodoro, spinaci, bianco d’ uovo, crostacei e frutti di mare, insaccati e cibi conservati. Consiglio inoltre di non vestire troppo la bambina. Solo se non ci fosse risposta a questa dieta consiglio di cercare altre cause (parassiti intestinali, agenti fisici, autoimmuinità).

D: Da quando ha iniziato l’asilo nido, mia figlia passa da una malattia respiratoria all’altra e riesce a frequentare poco la struttura. Ho sentito parlare di immunostimolanti. Cosa ne pensate?

R: Come dice la parola, per immunostiolanti s’intendono dei prodotti che servono ad aumentare le difese dell’organismo. Il problema è importante soprattutto nel primogenito che entra in comunità, perché egli ha avuto poche occasioni di incontrare bambini, che sono quelli che si passano la maggior parte delle infezioni, sia perché viene a contatto con le secrezioni respiratorie presenti nella saliva, nella tosse, negli starnuti. Di solito sono derivati di batteri, che con estratti del loro corpo o degli acidi nucleici, stimolano le difese dell’organismo. Possono trovare un loro razionale in quei bambini che non hanno alcun deficit, ma che dopo ogni infezione restano con le difese un po’ al di sotto del normale, favorendo così altre ricadute. Anche se gli studi clinici non sono tanto positivi, si è visto che una certa, seppur minima, efficacia esiste. Credo che possano essere proposti in quei bambini che si ammalano continuamente e i cui genitori, specie se lavorano entrambi, “non sanno cosa fare”.

D: Cosa sono e che senso ha usare i latti speciali?

R: Si parla di latti speciali per differenziarli da quelli normali, derivati del latte vaccino (di mucca). Schematizzando, possiamo dividerli in:

-latte di soia: è il primo sostituto del latte vaccino perché di basso costo, ampiamente studiato e per la diversità antigenica con il latte vaccino. È indicato nelle coliche del lattante con sospetta allergia al latte vaccino, nella dermatite atopica (eczema) del primo anno non responsiva alle terapie abituali, nel reflusso gastro-esofageo secondario ad allergia al latte vaccino (che presenta aumento degli eosinofili nel sangue, familiarità, mancata risposta al trattamento antireflusso, ritardo di crescita), nella colite allergica (tipica dei primi mesi di vita, con muco ed eosinofili nelle feci );

-formule elementari: sono dei latti “preparati” dall’industria, nei quali le proteine sono state rotte e sono molto piccole, in modo da non stimolare la risposta dell’organismo, che è già alterata. Hanno più o meno le stesse indicazioni della soia, ma nei casi nei quali la patologia è più marcata e per evitare una secondaria allergizzazione alla soia (presente nel 10-15% dei pazienti). Bisogna dire che hanno un gusto cattivo, costano molto e non sempre sono bilanciati dal punto di vista nutrizionale.

Per tutti i termini medici che ho usato, si consulti il glossario nella sezione: “Domande comuni”, su questo sito.

D: A mia figlia di 3 anni, che presenta orticaria ed edemi, è stata posta diagnosi di angioedema ereditario. Ho provato a sentire più medici e a consultare riviste mediche, ma mi pare che nel caso della bambina ci siano delle contraddizioni (ereditarietà, dosaggio dell’inibitore,clinica). Mi potreste dare qualche informazione?

R: L’angioedema ereditario è una patologia ereditaria nell’80% dei casi (c’è sempre un ammalato in famiglia), mentre nel 20% è causato da una mutazione genica spontanea; è caratterizzato da episodi di gonfiore della pelle senza prurito e orticaria, con coliche addominali ricorrenti importanti, per edema (gonfiore) della mucosa intestinale. Le crisi di solito durano 1-2 giorni e sono scatenate da cause fisiche, come piccoli traumi, interventi sul cavo orale, stress, emozioni intense. La diagnosi va confermata con il dosaggio del C1 inibitore, che di solito è basso in benessere e indosabile durante le crisi; da ricordare che il 15% dei pazienti presentano un difetto qualitativo, cioè il dosaggio del C1 inibitore è normale, ma esso non funziona. Se non c’è la possibilità di dosare il C1 inibitore, il dosaggio del C4 (quarto fattore del complemento) può essere utile, perché segue quello del C1 inibitore (basso in benessere, assente durante le crisi). La cura si basa sulla somministrazione dell’estratto purificato del C1 inibitore.

D: Mio figlio, di due anni e otto mesi, ha iniziato a soffrire di rinite allergica. Premetto che io sono un soggetto molto allergico con diverse positività a diversi pollini, dermatite da contatto, nichel e mercurio, aspirina, alimenti vari, ecc… Mi ritengo molto fortunata perché la mia allergia si è fermata, ormai da oltre 15 anni, ad una semplice anche se fastidiosissima rinite. Dato che mio figlio ha iniziato da piccolo ad avere problemi con i pollini, quante possibilità ci sono che si possa trasformare in asma? E quale prevenzione per evitare problemi respiratori?

R: Innanzitutto bisogna precisare che soltanto in una certa percentuale di casi (30% secondo alcune statistiche) l’eziopatogenesi dell’asma bronchiale deve ritenersi esclusivamente allergica. In altri casi concorrono fattori infettivi e di diversa altra natura. In Italia la prevalenza dell’asma bronchiale infantile nella popolazione generale è del 4-5%, con insorgenza spesso al di sotto dei cinque anni, con il sesso maschile più frequentemente colpito di quello femminile. La familiarità svolge un ruolo importante per quanto riguarda la precocità di insorgenza della sindrome asmatica: in oltre il 70% dei bambini asmatici c’è unafamiliarità positiva per asma bronchiale o per altre allergopatie. La prevenzione per evitare problemi respiratori può essere di ordine ambientale (bonifica in casa per ridurre il contatto con acari della polvere, evitare il contatto con animali, soprattutto il gatto) o effettuando una terapia desensibilizzante sublinguale per l’allergene responsabile del quadro clinico, qualora la sintomatologia diventasse più intensa e poco controllata dalla terapia (in genere dopo i 3-4 anni di età). La terapia desensibilizzante è l’unica in grado di modificare l’evoluzione verso un’eventuale asma successivo, essendo tutte le altre terapie esclusivamente sintomatiche e non in grado di agire sull’evoluzione della malattia allergica stessa.

D: Bambino di 4 anni, che da quando ha iniziato la scuola materna russa di notte.

R: Il russamento notturno è frequente nei bambini che frequentano la scuola materna e dipende dalla presenza di secrezioni nelle vie aeree alte oppure da un aumento di tonsille e/o adenoidi. Diversa è la situazione quando si associa ad apnee nel sonno, per le quali bisogna intervenire, di solito con un intervento chirurgico di asportazione di tonsille e adenoidi, che sono molto grandi e non semplicemente ingrossate, come per il semplice russamento. In alcuni casi, in presenza di un morso profondo (cioè di mandibola retroposta), si potrebbe tentare l’applicazione di un apparecchio ortodontico il quale, modificando i rapporti delle vie aeree, può migliora l’ingresso dell’aria e le apnee.

Per documentare la patologia e porre indicazione l’intervento il nostro Servizio di Allergo-Pneumologia Pediatrica esegue la polisonnografia notturna domiciliare. In pratica si applicano dei sensori sul torace, addome, naso e un dito del bambino e per una notte vengono registrati i vari parametri.

Il mattino successivo il tracciato viene letto con un dato programma e vengono fornite le spiegazioni del caso.

D: In un bambino che non assume latte e derivati, è indicata la somministrazione di calcio?

R: Il calcio è essenziale per la crescita dell’osso e perché entra nel metabolismo delle cellule ed è contenuto quasi esclusivamente nel latte e derivati. Se un bambino assume latti dietetici, questi sono supplementari con il calcio. Altrimenti bisogna dare circa 500 mg al giorno, in diverse preparazioni (compresse effervescenti, caramelle).

D: Mio figlio di 9 mesi ha eseguito le prove allergiche sulla pelle per un eczema ed è risultato positivo all’uovo. Mi chiedo come ciò sia possibile, considerato che non ha mai ingerito l’uovo.

R: La positività all’uovo, specie all’albume, è abbastanza frequente nei bambini con eczema. La sensibilizzazione avviene durante la vita intrauterina (attraverso il sangue che dalla placenta va al feto) oppure dopo la nascita, mediante il latte materno (che contiene molecole degli alimenti assunti dalla madre) o per via respiratoria, respirando particelle d’uovo che stanno nell’aria, quando vengono preparati i cibi. Conviene sempre ritardare l’introduzione dell’uovo, in genere dopo i 18 mesi, e iniziare con dosi piccole, perché chi ha le prove allergiche positive può andare incontro a reazioni. Non conviene fare una alimentazione senza uovo per troppo tempo, perché con piccole dosi ripetute si acquisisce la tolleranza immunologia e quindi l’uovo viene tollerato sempre più, indipendentemente dalla positività delle prove allergiche, che possono restare positive anche in presenza di un miglioramento clinico.

D: A mia figlia, affetta da asma, è stata eseguita una spirometria. Mi è stato consegnato un referto che contiene una serie di sigle, che mi sono state spiegate, ma non ho capito il loro significato. Come vanno interpretate?

R: La spirometria usuale viene fatta di solito dopo i 6 anni, anche se attualmente ci sono in commercio degli apparecchi che possono eseguire l’esame anche nel bambino più piccolo, non collaborante. Di solito vengono forniti alcuni indici, insieme alla percentuale rispetto a un soggetto normale della stessa età ed altezza, viene considerato normale un valore compreso tra 80 e 100%. Gli indici più comunemente usati sono:

-CV o CVF (Capacità Vitale o Capacità Vitale Forzata): indica l’aria che viene espulsa dai bronchi dopo un respiro profondo (inspirio massimale). Nei deficit ostruttivi, come l’asma, può essere ridotta, ma di solito non tanto come nei deficit restrittivi (quelli nel quale il polmone è occupato o da una infiammazione o da un’infezione);

-VEMS o FEV1 (Volume Espiratorio Massimo al Secondo o Volume di Flusso Espiratorio al 1° secondo): indica il passaggio dell’aria attraverso le vie aeree medie ed è ridotto nell’asma;

-FEF o MEF25-75 (Flusso Massimo Medio Espiratorio tra il 25° e 75° della CV): indica il flusso attraverso le piccole vie aeree ed è più sensibile del FEV1, perché si altera più precocemente;

-FEV1/ CVF (indice di Tiffenau): consente di differenziare meglio tra deficit restrittivo e ostruttivo, in quanto è normale (85-100) nel primo e diminuito nel secondo.

D: Ultimamente si parla tanto di acari: cosa sono e perché sono diventati così importanti?

R: Gli acari sono microrganismi della stessa famiglia dei ragni, ma invisibili ad occhio nudo (misurano 0,2 – 0,3 mm) che provocano allergia attraverso particolari sostanze (enzimi) presenti nelle particelle fecali. Vivono soprattutto all’interno di materassi, cuscini, coperte e piumoni (l’80% degli allergeni dell’acaro presenti in una casa proviene dalla polvere del letto), ma si possono trovare anche su tappeti, poltrone e divani rivestiti in stoffa. Soprattutto nel letto gli acari trovano le condizioni ideali per il loro sviluppo: cibo (gli acari si nutrono prevalentemente di scaglie di cute e ogni notte noi lasciamo sul letto una quantità di detriti cutanei sufficiente a nutrire mille acari per un mese), temperatura costante intorno ai 20°C ed elevata umidità relativa tra il 60 e l’80% data dal calore e dalla traspirazione del nostro corpo, assenza di luce solare (i raggi del sole li uccidono).

L’allergia agli acari è la più importante nei paesi occidentali, sia per l’ampia diffusione (le abitazioni moderne creano un microclima ideale per la crescita degli acari a quasi tutte le latitudini) sia, soprattutto, per il forte potere allergizzante dell’acaro. In particolare, è stato dimostrato che la sensibilizzazione all’acaro rappresenta il maggior fattore di rischio per lo sviluppo di asma, che gli allergeni dell’acaro, creando microscopiche fessure nelle mucose dell’apparato respiratorio, favoriscono il passaggio di altri allergeni (forfore animali, pollini, muffe) e che facilitano la comparsa di nuove allergie le quali aggravano il quadro clinico.

Insieme a tutte queste notizie negative, bisogna dire che questa è forse l’allergia più facile da controllare con pochi, semplici interventi di profilassi ambientale. Difendersi dagli acari è facile, perché i loro allergeni non sono dispersi nell’aria ma si accumulano invece all’interno di materassi, cuscini, coperte e piumoni. Studi scientifici dimostrano che, rivestendo queste sedi con speciali fodere anti-acaro, è possibile ridurre l’esposizione agli allergeni da 100 a 1000 volte entro un mese, con benefici obiettivi e misurabili per le persone allergiche (diminuzione dei sintomi, diminuzione del rischio di sviluppare asma e/o allergie plurime, freno alla progressione della malattia, minore consumo di farmaci. Maggiori informazioni sul questo sito à “Servizio di Allergo-Pneumologia” à “Consigli ai genitori”

D: Si sente parlare molto di profilassi ambientale della polvere per chi è allergico agli acari. Serve? Quali sono le misure realmente utili? Ho comprato un materasso al lattice, che è molto costoso e poi ho sentito che non serve a nulla. Mi potete dare qualche informazione?

R: Distinguiamo tre livelli di prevenzione (profilassi): quella primaria mira ad evitare la sensibilizzazione e la comparsa di allergia. Molti medici consigliano di utilizzare le fodere anti-acaro ed attuare la profilassi ambientale fin dai primi giorni di vita del bambino se in famiglia ci sono casi di allergia (i figli di genitori allergici hanno il 75% di probabilità di sviluppare allergia; il rischio si attesta sul 50% se un solo genitore è allergico e sul 30-40% se l’allergia colpisce un fratello o altro parente). Recenti studi dimostrano che la sensibilizzazione agli allergeni può verificarsi durante la vita fetale e suggeriscono, pertanto, che la profilassi ambientale venga attuata dalla madre fin dalla gravidanza.

La prevenzione secondaria è l’applicazione precoce (nei primi mesi di vita) delle misure di profilassi ambientale. È stato dimostrato, in particolare, che l’uso delle fodere anti-acaro diminuisce il rischio di sviluppare allergia all’acaro e asma nei bambini con dermatite atopica, che avrebbero il 50% di probabilità di diventare allergici all’acaro negli anni successivi, specialmente se risultano allergici all’uovo.

La prevenzione terziaria coinvolge le persone già affette dalla malattia allergica e rappresenta una misura terapeutica fondamentale. La profilassi ambientale, infatti, non è solo il punto di partenza per ogni possibile cura (farmacologica, immunoterapica) ma costituisce essa stessa un intervento terapeutico importante, impedendo il progressivo aggravarsi della malattia, riducendo il grado di sensibilizzazione e portando in tempi brevi alla diminuzione dei sintomi.

Prima di tutto bisogna sfatare alcuni luoghi comuni e dire che non serve:

-acquistare un materasso nuovo, perché nell’arco di pochi mesi viene comunque colonizzato dagli acari

-sostituire il comune materasso a molle con un materasso in latice o in gomma, perché gli acari si annidano in tutti i tipi di materasso

-sostituire il cuscino in piuma o in lana con quello sintetico, perché gli acari si moltiplicano anche in quest’ultimo

-utilizzare l’aspirapolvere sul materasso, perché anche l’aspirapolvere più potente non è in grado di eliminare gli acari vivi che si annidano negli strati interni

-utilizzare gli acaricidi su materassi cuscini e divani, perché eliminano solo gli acari presenti negli strati più superficiali senza penetrare in profondità.

Le misure essenziali consistono in:

-rivestire materassi e cuscini con fodere anti-acaro che certifichino l’impermeabilità agli allergeni. 
Questa è la regola fondamentale della profilassi anti-acaro e deve avere priorità assoluta: seguire le altre regole, tralasciando questa, vanifica l’efficacia di ogni intervento. 
Le fodere anti-acaro devono avvolgere completamente materasso e cuscino (le cuffie non sono efficaci) ed essere lavabili ad alta temperatura, poiché gli acari muoiono solo a temperature superiori a 55°C. Tali fodere devono essere “passate” ogni settimana con un panno umido e lavate ogni 4-5 mesi a 60°C. e devono essere mantenute sul letto per tempi lunghi, poiché è stato dimostrato che, dopo 20 settimane di uso continuato, sopravvive meno dell’1% degli acari.

Per il comfort ed il benessere della persona allergica, è preferibile utilizzare fodere impermeabili e traspiranti che consentano il passaggio del vapore/sudore e quello dell’aria e possano essere mantenute a lungo sul materasso senza che questo si deteriori.

I materassi e cuscini in lattice, in particolare, hanno un’umidità intrinseca piuttosto elevata e possono essere rivestiti solo con fodere che lascino passare l’aria. Poiché non esistono materassi e cuscini anti-acaro, tutti i materassi e cuscini devono essere ricoperti. Sono consigliabili i supporti con doghe in legno ed i letti non imbottiti, più facili da pulire. Se nella camera della persona allergica ci sono più letti, anche questi dovrebbero essere rivestiti con fodere anti-acaro. Analogamente, se il bambino allergico dorme nella camera dei genitori, bisogna applicare in essa le medesime soluzioni.

-piumoni e coperte (soprattutto in lana merino) devono essere esposti frequentemente al sole e lavati ogni 2-3 settimane alla temperatura di 60°C (il lavaggio a secco non rimuove gli allergeni). Dove il lavaggio ad alta temperatura non fosse possibile, è opportuno avvolgerli con un copricoperta /copri- piumone impermeabile e traspirante). Una valida alternativa all’uso del copricoperta/copripiumone è rappresentata da speciali coperte in pile, studiate per sopportare lavaggi a 60°C e di facile manutenzione.

-lenzuola e federe devono essere lavate ogni settimana a 60°C.

-tappeti e moquette dovrebbero essere rimossi, perché gli acari vengono eliminati con estrema difficoltà da queste sedi. Dove questo non fosse possibile, dovrebbero essere puliti almeno una volta alla settimana con un’aspirapolvere dotata di filtro HEPA ad alta efficienza, poiché è dimostrato che tale filtro è in grado di bloccare oltre il 99% degli allergeni aspirati. Non utilizzare aspirapolvere privi di tale filtro, poiché rimettono in circolazione nell’aria gli allergeni che prima erano depositati. Benché il vapore (100°C) possa uccidere una parte degli acari e distruggere gli allergeni, il suo utilizzo sui tappeti (e su materassi e cuscini) è controindicato, perché risulta poi estremamente difficile rimuovere l’umidità residua da queste superfici e i tappeti di qualità possono subire danni ai colori e alle fibre. L’umidità trattenuta dalle fibre, inoltre, può favorire la crescita di acari, muffe e funghi. L’uso di acaricidi sui tappeti si è dimostrato in parte utile, ma la sua efficacia clinica non è stata ancora sufficientemente documentata.

-in camera da letto, l’arredo dovrebbe essere di facile pulizia (meglio evitare i mobili imbottiti) e povero di oggetti che accumulano polvere: sostituire le tende pesanti e le veneziane con tende a vetro, lavabili a 60°C, i pelouche vanno eliminati o lavati con frequenza alla medesima temperatura, oppure messi in freezer per 24 ore e lavati poi in acqua fredda

-i vestiti dovrebbero essere tenuti chiusi negli armadi, se possibile in sacchi impermeabili e traspiranti (es. sacchi di tessuto non tessuto).

-divani e poltrone dovrebbero essere in pelle, alcantara o altro materiale impermeabile agli allergeni. I cuscini di poltrone e divani in stoffa possono comunque essere rivestiti internamente con tessuti anti-acaro impermeabili che permettono il passaggio dell’aria.

-evitare di giocare carponi sul tappeto, saltare su letti e divani e ‘far battaglia’ con i cuscini, perché questi movimenti disperdono nell’aria gli allergeni.

-le pulizie domestiche dovrebbero essere fatte con un panno umido oppure con un’ aspirapolvere dotata di filtro HEPA (Hight Efficiency Particulate Air) ad alta efficienza. I filtri ad acqua catturano la polvere ma trattengono solo una parte degli allergeni, liberando la rimanente in forma nebulizzata -non è consigliabile la pulizia a vapore (100°C), perché provoca un forte aumento dell’umidità all’interno della casa, contribuendo a creare il clima più favorevole alla crescita di acari e muffe

-se la casa è dotata di riscaldamento ad aria o di condizionatore, i filtri dovrebbero essere puliti e sostituiti periodicamente, secondo le indicazioni del produttore.

– cercare di mantenere l’umidità relativa (U.R.) sotto il 50%, se non in tutta la casa, almeno nella camera della persona allergica (con U.R. al 50% il numero degli acari è 10 volte inferiore che con U.R. al 60% e addirittura 100 volte inferiore che con U.R. all’80%). È possibile misurare il valore dell’umidità relativa con un buon igrometro, meglio se dotato di memoria dei valori minimi e massimi registrati. Alcuni accorgimenti utili per mantenere bassa l’umidità relativa sono: 1. Evitare l’uso di elettrodomestici che producono umidità, come gli umidificatori e gli apparecchi per la pulizia a vapore. 2. Aerare gli ambienti quando si produce umidità (nella stanza da bagno, in cucina, nella stanza dove si stira). 3. Azionare sempre l’aspiratore quando si cucina. 4. Aerare con frequenza gli ambienti, anche solo per pochi minuti (5 minuti sono sufficienti per ottenere una sostituzione parziale dell’aria e una diminuzione dell’U.R. fino a 15 punti percentuali, senza variazioni nella temperatura).

– il fumo attivo e passivo rappresenta una fonte d’inquinamento molto più pericolosa delle attività industriali e del traffico automobilistico (un ambiente fumoso può essere 6 volte più inquinato di una strada altamente trafficata). L’esposizione al fumo passivo è un importante fattore di rischio per lo sviluppo di malattie allergiche.

– la persona allergica all’acaro dovrebbe sempre portare con sé le fodere anti-acaro. Particolare cura nella profilassi ambientale richiedono le case di vacanza che, chiuse per molti mesi l’anno, umide e non ventilate, rappresentano il terreno ideale per lo sviluppo di muffe, funghi ed acari.

D: Si dice che i pazienti affetti da allergie, soprattutto i bambini, sono in aumento. Tanto per avere un’idea, che percentuale di bambini è affetta da allergie respiratorie?

R: La percentuale di bambini con allergie respiratorie (il termine medico è prevalenza) varia dal 2 al 20%, a seconda delle diverse aree geografiche. In genere, la prevalenza è maggiore nei paesi con maggiore sviluppo socio-economico – a parte alcune eccezioni, come il Sud America-e in alcune popolazioni ristrette, derivate da pochi progenitori affetti dalla malattia: la prevalenza maggiore, attorno al 30%, si ha nell’isola Tristan de Cunha, dovuta al fatto che 3 dei primi 15 colonizzatori dell’isola erano asmatici. L’aumento delle allergie, soprattutto respiratorie, registrato negli ultimi anni sembra da un lato dovuto a un aumento dell’inquinamento atmosferico, che mantiene il tratto respiratorio in uno stato di continua infiammazione, favorendo così la sensibilizzazione allergica e dall’altro al calo delle comuni infezioni, sia respiratorie, sia gastro-intestinali, che servono a “deviare” la reazione allergica dell’organismo, che si “concentrava” nella difesa immunitaria dalle suddette infezioni, “dimenticando” la reazione allergica. Questo è uno dei motivi per cui oggi si preferisce mandare i figli di genitori allergici (predisposti a divenirlo anche loro) al nido, in modo che contraggano al più presto le comuni infezioni e “spostino” così il loro sistema immunitario, orientato in senso allergico, verso la componente “infettiva” ( in termini tecnici, da una costituzione Th2 a una Th1).

D: Ho avuto occasione di visitare il sito dell’associazione che mi è parso molto esauriente e ben organizzato. mi chiedevo ora se qualcuno potesso fornirmi delle informazioni per quanto riguarda l’associazione. Per esempio, da quanto tempo opera, quanti sono circa gli iscritti, da che cosa nasce, eccetera.

R: Le informazioni sull’Associazione A.L.P.I. si possono trovare su questo sito, alle voci “Chi siamo “, “News” e “Attività sociali”. In breve, siamo nati per cercare di colmare quelle lacune nell’assistenza, diagnosi e terapia dei bambini con problemi allergici. L’associazione ogni anno elabora un piano di sviluppo di alcuni temi di queste patologie, puntando sull’assistenza a famiglie e pazienti bisognosi, miglioramento dell’aderenza terapeutica, riconoscimento dei sintomi e appropriatezza delle cure da parte dei bambini stessi, momenti di socializzazione, stage presso strutture qualificate per medici, infermieri e fisioterapisti del respiro, acquisto di strumenti moderni, che permettano di valutare più a fondo e compiutamente la patologia in oggetto, partecipazione a congressi. L’Associazione ha individuato nel Servizio di Allergo-Pneumologia della Clinica di Pediatria dell’Università di Udine il proprio interlocutore per portare avanti programmi di assistenza e di ricerca. Altre informazioni potranno essere trovate alle voci “Conferenze e dibattiti” e “Studi e ricerche”.

Laringiti

D: Mio figlio di 2 anni da quando va al nido ha avuto diversi attacchi di laringite, sempre di notte, dopo qualche giorno di raffreddamento. Poiché gli eventi sono abbastanza importanti, l’ho sempre portato in ospedale, dove vengono somministrati cortisone per bocca e per aerosol. Mi chiedo a cosa è dovuta questa patologia, che cure posso fare e se avrà sempre di questi attacchi.

R: Si tratta di laringite (croup degli autori anglosassoni), patologia tipica del bambino piccolo per la presenza di fattori anatomici favorenti: laringe in posizione più alta, epiglottide alta e vicina al palato e base della lingua più vicina alla laringe. Esistono diverse forme:

-Laringospasmo o croup spasmodico: caratterizzata da un attacco improvviso di tosse abbaiante, quasi sempre notturna, quasi sempre senza febbre o segni/sintomi di infezione respiratoria. Causato da spasmo dei muscoli laringei, tende a recidivare nei primi anni di vita, per poi risolversi spontaneamente. L’inalazione di vapori caldo-umidi fa stare meglio, soprattutto perché rassicura bambini e genitori (mancano chiare evidenze scientifiche).

-Laringite ipoglottica o laringo-tracheite acuta: è un attacco di stridore inspiratorio con dispnea, rientramenti respiratori, tosse abbaiante, quasi sempre preceduta da 12 ore di rinite con o senza febbre. Terapia: aerosol con adrenalina o cortisonici ad alto dosaggio oppure cortisonici per via intramuscolo.

-Epiglottite: è un evento acuto e potenzialmente mortale, causato da edema acuto dell’epiglottide in corso di infezione da un microbo chiamato Emofilo. È preceduta da una fase generale, setticemica, con febbre elevata, pallore, brivido e prostazione. La fase successiva è caratterizzata da interessamento dell’epiglottide con alterazioni della voce, dispnea inspiratoria ingravescente, cianosi e scialorrea (salivazione abbondante). Dopo la visualizzazione della epiglottide, che apparirà rosso ciliegia, si potrà eseguire una radiografia laterale del collo per dimostrare l’edema imponente a carico della regione. La terapia antibiotica deve essere effettuata per via venosa. E’ diventata rara dopo l’introduzione della vaccinazione antiemofilo.

Da quello che mi ha descritto, quella che interessa il suo bambino è la laringite ipoglottica, che segue di solito le comuni infezioni respiratorie del bambino e che inizia quando egli va in comunità (nido, scuola materna). La patologia tende a diminuire man mano che il bambino diventa più grande, sia perché fa meno infezioni, sia perché calano i fattori favorenti che portano a un rigonfiamento della laringe (v. sopra). Io credo che Lei potrebbe fare la terapia a domicilio, per via aerosolica, anche perché prima si inizia la terapia e prima si ha una risposta clinica. Noi usiamo l’adrenalina per via aerosolica, al dosaggio di 0.1 mg/Kg in 3 ml di soluzione fisiologica, associata a uno steroide topico, tipo beclometasone 2 fiale o farmaco equivalente, il cui dosaggio deve essere adattato a quello del beclometasone, perché abbiamo visto che l’adrenalina agisce subito, ma l’effetto dura poco, per cui il beclometasone agisce quando l’adrenalina cessa (per maggiori dettagli si uò vedere un articolo ancora valido: M. Canciani, G. Longo. Novità nella terapia del croup . Medico e Bambino, 3,128-130,1995). In ogni caso, è meglio che ne parli con Il Suo medico, per vedere se è d’ accordo e perché Le dia i consigli pratici del caso.

D: Cosa mi può dire del contatto coi gatti prima della nascita?

R: Studi recenti hanno dimostrato che neonati esposti ad elevati livelli dell’allergene del gatto (Fel d 1) abbiano un minor rischio di sviluppare allergia. L’elevata esposizione all’allergene indurrebbe la sintesi di un particolare tipo di anticorpi (Ig G4) ad azione protettrice, e non di Ig E, responsabili della patologia allergica. È un po’ quello che succede con il vaccino nelle persone allergiche: con dosi progressivamente maggiori induciamo la sintesi di IgG4, chiamate proteggenti, che “ricoprono” l’allergene e impediscono che questo venga riconosciuto dalle più pericolose IgE. Lo stesso vale per il cane, purché stia all’aperto almeno 6 ore al giorno, secondo un recente studio finlandese.

D: Cos’è l’orticaria pigmentosa?

R: Rientra tra le mastocitosi, gruppo di malattie della pelle caratterizzate da aggregati di mastociti, un tipo di cellule che si trovano nella pelle e in altri organi e che liberano certe sostanze come l’istamina, responsabile di prurito e arrossamento della pelle. È causata da un alterato metabolismo del fattore di crescita dei mastociti, per cui queste cellule si riproducono più del normale e stimolano la secrezione di melanina, per cui le lesioni appaiono più scure della pelle circostante. Può essere presente alla nascita o iniziare nei primi 2 anni di vita. All’inizio le lesioni possono apparire sotto forma di bolle, ma poi queste regrediscono e resta la sola lesione iperpigmentata, più scura della pelle circostante. Le lesioni possono avere un diametro da qualche millimetro a diversi centimetri e il colore variare da giallastro a cioccolato; le palme delle mani, le piante dei piedi, il viso e le mucose sono di solito risparmiati. Se strofinate, le lesioni diventano arrossate e rilevate. La prognosi (evoluzione) è buona: il 50% dei pazienti guarisce del tutto entro la pubertà, un altro 25% migliora entro l’età adulta e solo il 25% mantiene il quadro più o meno invariato. La terapia prevede prima di tutto di evitare i fattori che possono peggiorare il quadro clinico, come bagni caldi, strofinamento della pelle, certi farmaci (aspirina, codeina –nei preparati antitosse- alcool e farmaci per situazioni speciali tipo morfina, atropina, tubocurarina e polimixina B). Secondo la mia esperienza gli antistaminici o i farmaci che impediscono la rottura dei mastociti (sodiocromoglicato e chetotifene) riducono quasi sempre il prurito.

D: Viaggi in aereo e infezioni: l’aria che si respira negli aerei viene filtrata e depurata?

R: L’aria che ricircola negli aerei non è sempre la migliore, poiché i filtri non sempre trattengono i germi e sono stati già descritte delle situazioni in cui degli ammalati, specialmente di tubercolosi, hanno infettato parecchi passeggeri. Anche nel caso dell’influenza grave di qualche anno fa (SARS) qualche caso si è verificata anche fra passeggeri d’aerei, per la maggior parte fra passeggeri per e da Hong Kong, Hanoi, Singapore e la terraferma della Cina.
Il centro americano per il controllo delle malattie infettive (CDC) che è molto rigoroso, non limitata l’accesso agli aerei degli ammalati. In ogni caso, credo sia meglio respirare l’aria “che si muove”, piuttosto che quella che resta ferma, per cui consiglio di aprire le bocchette dell’aria che si trovano sopra la poltrona    

D: Asma. Ho un bambino di 4 anni al quale è stata diagnosticata ad aprile una bronchite asmatiforme scatenata da infezioni respiratorie virali, ma durante le ferie estive trascorse al mare ed in barca dove non ha avuto contatti con malattie si è presentata l’asma con sibilo dopo una corsa o dopo delle belle risate o anche semplicemente andando a dormire all’interno della barca (rivestita di alcantara). Alle volte dovevo somministrargli ventolin, alle volte non serviva perché passava da sola dopo un breve lasso di tempo. Significa che l’asma si è trasformata in asma da sforzo? Forse adesso risulta essere allergico anche agli acari? A casa le camere da letto compresa la sua sono mansardate con grosse travi di legno a vista, il clima è secco, ma mi sembra che quando vada a dormire inizi un po’ di asma, che passa da sola o rimane fino al mattino ma con sibilo impercettibile. Dipende forse dal legno? Devo forse fare delle visite più specifiche?

R: Credo che il suo bambino stia “virando” da una bronchite asmatiforme, cioè quella situazione caratterizzata da episodi di broncospasmo, cioè di chiusura dei bronchi, scatenati da un’infezione respiratoria, quasi sempre virale, a un’allergia vera e propria, nella quale diventa prevalente l’azione degli allergeni (polvere di casa, gatto, cane, pollini). Se infatti la prima condizione è tipica del bambino che va all’asilo, la seconda lo è del bambino più grande. Il fatto che suo figlio presenti sia asma da sforzo, sia asma dopo una semplice risata, indica che la sensibilità bronchiale (in linguaggio medico: ipereattività bronchiale) è elevata e richiede un differente approccio terapeutico, diversamente dalla bronchite asmatiforme. Mi riferisco al cortisone per via aerosolica per periodi prolungati (in genere 3-4 settimane dopo ogni episodio acuto), per diminuire l’iperattività. Per quanto riguarda l’ambiente, non credo sia tanto un problema di legno (a meno che non sia verniciato con pitture irritanti o fortemente odorose) ma, come ha già sospettato lei, di acari della polvere. In ogni caso, è bene inquadrare il bambino prima di iniziare qualsiasi terapia, sia per avere dei dati di base, sia per valutare l’andamento in futuro.

D: Rino-congiuntivite. Sono il padre di un bambino di 4 anni che è risultato allergico alle graminacee con un valore di 1,38. Le sarei grato se potesse rispondermi alle seguenti domande:

– è possibile che non vi sia alcuna soluzione a tale problema se non tramite la somministrazione di antistaminici, fermo restando che alcuni antistaminici agiscono sul sistema nervoso?

– mio figlio frequenta la scuola materna dove nei dintorni e nel prato vi è un’alta concentrazione di tale pianta, come devo comportarmi o meglio posso fare richiesta al Comune o agli enti preposti di attivarsi per una maggiore pulizia della stessa?

R: Immagino che Suo figlio sia affetto da rinite o rino-congiuntivite da allergia di pollini delle graminacee. Le terapie per questa sintomatologia consistono in un antistaminico per via orale o per via locale (nel naso e nell’occhio); per queste vie si usa anche il cortisonico, chiamato appunto topico. Per evitare più somministrazioni al giorno, specie nel bambino che può essere meno collaborante, si usa l’antistaminico per bocca. I nuovi antistaminici, per legge somministrabili dai 12 anni, non danno interessamento del sistema nervoso, per cui possono essere usati con tranquillità. Quelli di penultima generazione danno scarsa sintomatologia. Per quanto riguarda la seconda domanda, a meno che il bambino non cammini o giochi nel prato con erba alta, non è che il problema diminuisca molto, perché i pollini girano nell’aria anche a molti Km di distanza. Per avere notizie più complete sull’allergia ai polmoni, può visitare la sezione “consigli ai genitori” su questo sito.

D: Fisioterapia respiratoria. Sono la mamma di una bambina prematura affetta da broncodisplasia, che a 16 mesi è ancora O2 dipendente e soggetta a frequenti infezioni respiratorie. La pep-mask potrebbe essere utile per una migliore disostruzione bronchiale e per il reclutamento delle zone polmonari poco utilizzate?

R: In effetti, la pep-mask trova indicazione in questi pazienti, anche con ausilio dell’ossigeno. La pep-mask va scelta in modo appropriato, in base a dimensioni del viso e a età e dimensioni della bambina. Da non dimenticare- ma di questo sicuramente ne sa più di me- la fisioterapia respiratoria con clapping in posizione drenante per il lobo/segmento più interessato dalla pneumopatia. In caso di aumento delle secrezioni respiratorie, con una nostra ricerca abbiamo dimostrato l’efficacia della soluzione salina ipertonica (al 3-4%) che va instillata nel naso oppure nebulizzata nei bronchi, ma in questo caso non deve esserci ipereattività bronchiale, altrimenti si può scatenare un’attacco d’asma.

Il problema può essere superato somministrando del salbutamolo prima della soluzione ipertonica.

D: Vaccino antinfluenzale: ho un figlio che soffre di bronchite asmatiforme. In seguito alla visita, il bambino era risultato allergico agli acari, mentre già da tempo sapevamo che fosse allergico all’uovo (l’ingestione di alimenti contenenti uovo gli provoca mal di pancia e vomito e una volta il contatto con uovo crudo gli aveva fatto insorgere una forma di orticaria su tutto il corpo). Ora le volevo chiedere se è possibile sottoporlo al vaccino antinfluenzale visto che ogni volta che si raffredda ha un po’ di asma (respiro corto) , anche se devo dire che quest’ultimo si risolve ultimamente in poco tempo con due o tre somministrazioni di broncovaleas e, in caso di risposta positiva, se conviene che il bambino effettui il vaccino in ospedale.

R: Il vaccino antinfluenzale è indicato in caso di sintomatologia persistente, cioè più di un attacco di asma alla settimana e necessità di somministrazione frequente di farmaci. Non ci sono controindicazioni alla sua somministrazione, né generali, né in caso di allergia all’uovo. Avvisare sempre il vaccinatore di questa allergia.

 
D: Tosse. Ho una bambina di quattro anni e periodicamente se si ammala il suo raffreddore diventa automaticamente tosse per tre o quattro giorni, senza poter dormire. Non ha febbre è stata vaccinata per la pertosse. Io che sono il padre in età pediatrica soffrivo di asma, che poi è passata con l’età dello sviluppo. Come mi devo comportare?

R: Mi pare che Lei abbia già capito il problema: Sua figlia potrebbe avere un’ipereattività bronchiale, che ha ereditato da Lei, e che si evidenzia con la tosse (quando il bronco si “stringe”, cerca di liberarsi tossendo). In questo caso, bisogna auscultare attentamente il torace, alla ricerca di eventuali rumori di broncospasmo, che potrebbero aiutarci nella diagnosi e nella terapia. Se così fosse, saremmo in presenza di una bronchite asmatiform, situazione caratterizzata da episodi di broncospasmo, cioè di chiusura dei bronchi, dopo un’infezione respiratoria, quasi sempre virale. È una patologia tipica del bambino che va all’asilo, specie maschio, che presenta dei bronchi più sensibili (ipereattivi in linguaggio medico). Questa ipereattività non è quasi mai scatenata, come succede nel bambino grande o nell’adulto, dagli allergeni (polvere di casa, pollini, muffe…), ma dalle comuni infezioni virali. Questo è il motivo per cui di solito i bambini si ammalano quando entrano in comunità (asilo nido, scuola materna) e hanno maggiori probabilità di passarsi delle infezioni attraverso le secrezioni respiratorie (saliva, moccoli, tosse). La terapia si basa su un broncodilatatore per via aerosolica, tipo il salbutamolo, associato a un cortisonico per bocca, il tutto per qualche giorno (in genere 2-3). In questi casi, diversamente che nel broncospasmo scatenato dagli allergeni, il cortisonico per via aerosolica serve poco e va riservato a quei bambini che presentino segni di ipereattività bronchiale anche al di fuori delle infezioni (tosse in occasione di una corsa, di una risata, del cambiamento di tempo).

D: Il mio bimbo, 18 mesi, da 4 gg ha 38 di febbre ed è stata diagnosticata una faringite. Mi sono accorta che alle volte respira velocemente e affannosamente, spesso dopo rinite e tosse. È normale? Non ci possano esser altre cause?

R: È difficile per via telematica inquadrare bene il problema di Suo figlio: giustamente Lei segnala il respiro veloce e affannoso, che è un segno di interessamento dei bronchi, cosa che non succede nella faringite (solo se ci fosse febbre elevata potrebbe esserci un respiro più veloce, ma mai affannoso). Se si è trattato di un episodio singolo, non mi preoccuperei, ma se gli episodi fossero ricorrenti, ne parlerei con il Suo pediatra, per una valutazione attenta della situazione polmonare. Da quello che posso capire, potrebbe trattarsi di bronchite asmatiforme.

D: Latte di proseguimento. Sto allattando mia figlia da 8 mesi e il latte sta calando sempre più. Posso passare al normale latte di latteria, o mi conviene somministrare un latte di proseguimento?

R: Esistono numerose buone ragioni per usare quando manca il latte materno, il latte di proseguimento (cioè quel latte che viene consigliato per le esigenze nutrizionali di un lattante dai cinque mesi all’anno di vita), e quindi per introdurre il latte vaccino o latte “di latteria”, il più tardi possibile, per lo meno dopo i 12 mesi di vita, perché il latte vaccino “di latteria” ha le seguenti caratteristiche:

  • è responsabile di un eccessivo apporto di proteine e di sali minerali (sodio in particolare): tutto ciò rischia di portare ad un sovraccarico di lavoro per i reni
  • contiene livelli di ferro trascurabili e a biodisponibilità molto bassa: in altre parole il poco ferro contenuto nel latte di latteria viene assorbito solo in minima parte
  • induce microemorragie gastrointestinali, non visibili a occhio nudo, anche in assenza di segni di intolleranza al latte: ciò può aumentare la probabilità di andare incontro ad un’anemia. La sideropenia, anche senza anemia manifesta, può influire negativamente sullo sviluppo psicomotorio e comportamentale del bambino
  • non contiene una sufficiente quantità di acidi grassi essenziali (indispensabili per una corretta formazione delle fibre nervose e della struttura delle membrane cellulari) e di vitamine (soprattutto la vitamina D, fondamentale per fissare il calcio nelle ossa, la vitamina A, che protegge la pelle e le mucose e rinforza la vista, e la vitamina C, che possiede un’azione anti-infettiva e ha un ruolo importante nell’assorbimento di ferro da parte dell’organismo).

Riassumendo il latte di proseguimento, rispetto al latte vaccino, ha un apporto di proteine minore, è ricco in acidi grassi essenziali, ha un modificato apporto di sali minerali con l’integrazione di quelli carenti, in particolare il ferro e lo zinco, ha una integrazione con vitamine e ha come carboidrati solo lattosio o maltodestrine. Il latte di proseguimento si trova normalmente in commercio in forma liquida o in polvere. Il primo tipo è più pratico perché non necessità di preparazione; inoltre, essendo già pronto, evita che si possono commettere errori nel dosaggio. Ha però il difetto che, una volta aperta la confezione, può deteriorarsi più rapidamente di quello in polvere per cui va conservato in frigorifero e consumato possibilmente non oltre le ventiquattr’ore. Il latte in polvere va invece diluito con acqua oligominerale, cioè un’acqua che abbia un basso contenuto di sali minerali, sciogliendo il contenuto di un misurino (allegato la confezione) in 30 ml di acqua. È più economico, ma richiede una maggior attenzione del prepararlo. È inoltre più pratico del latte liquido quando si è in viaggio perché può essere preparato al momento e non ha quindi bisogno di essere mantenuto al freddo durante il percorso.

Esiste infine una nuova famiglia di latti, commercializzata da pochi anni, i cosiddetti “latti di crescita”, che possono essere usati dall’anno di vita fino ai tre anni di età. Sono tutti in forma liquida e hanno una composizione che si avvicina molto al latte vaccino, ma con un’integrazione con ferro, acidi grassi essenziali e vitamine.

D: Da più di 15 anni soffro di asma bronchiale atopica. Inizialmente l’asma ce l’avevo solo nel periodo primaverile, ma negli ultimi anni l’asma è diventata persistente. Il mio problema fondamentale è la presenza costante di secrezioni a livello toracico che da un anno a questa parte stanno limitando fortemente la mia vita. Ho provato di tutto (cortisone inalatorio,cortisone per via  sistemica, broncodilatatori, mucolitici, anticolinergici, etc…) ma non sono riuscito a risolvere questo problema. Chiedo se, magari, ci sono delle molecole che riescono a contenere l’ipersecrezione bronchiale. Mi hanno parlato della soluzione salina ipertonica, ma ancora non l’ho provata anche perché ad alte concentrazioni di NaCl è difficile trovarne in commercio. Probabilmente dovrei prepararmela da me, a casa.

R: Non è normale che la Sua asma sia accompagnata da tante secrezioni (di solito succede solo negli attacchi gravi e per un tempo limitato, qualche giorno). Quindi, per prima cosa indagherei perché ha troppe secrezioni mediante un esame batteriologico del catarro per vedere che germi ci sono. In base alla risposta (tipo di germe, sensibilità agli antibiotici), si deciderà se fermarsi lì oppure valutare non solo la funzionalità ciliare, ma anche la presenza di alcune dilatazioni bronchiali (bronchiectasie), alterazioni del muco (fibrosi cistica) o difetti immunitari, tutte indagini che facciamo nel nostro Servizio di Allergo-Pneumologia. Riguardo all’uso dell’ipersalina, sia la nostra esperienza, sia quella portata nei lavori scientifici di altri gruppi è indicata soprattutto in caso di secrezioni dense e purulente, come quelle della fibrosi cistica: deve tener presente però che, specie negli asmatici, può causare un aumento dell’ipereattività bronchiale, per cui almeno le prime volte andrebbe usata sotto controllo del medico. La soluzione è facilmente reperibile in commercio o può essere preparata in pochi minuti dal Suo farmacista (non Le consiglio di prepararsela da solo).

D. Mio figlio presenta spesso attacchi scuotenti di tosse, che non sembrano rispondere a nessuna terapia. Mi hanno parlato di una malattia con una sigla strana, che ora non ricordo. Di cosa si tratta?

R: Probabilmente Le hanno parlato della SIRT, una patologia caratterizzata da:

– Innescata dal raffreddore comune

– Durata breve (2-5 giorni)

– Non responsiva ai farmaci (sedativi della tosse, broncodilatatori o cortisonici inalatori), parziale efficacia di cortisone per bocca e paracodina.

– La diagnosi si fa con il test alla capsaicina, che in questi bambini stimola la tosse a concentrazioni molto più basse rispetto alle persone sane ed agli asmatici; la sensibilità alla capsaicina aumenta notevolmente durante gli episodi acuti.

E’ un test che noi facciamo di routine da diversi anni, dura una decina di minuti.

La terapia si basa sull’eliminazione degli stimoli scatenanti (pulizia del naso, eliminazione del colo di catarro) e, se non funziona, con la somministrazione di paracodina.

D: Eczema e asma. Chi soffre di eczema ha maggior rischio di diventare asmatico?

R: Dati recenti indicano che circa un terzo dei bambini che sviluppano l’eczema atopico prima dei quattro anni d’età andrà incontro ad asma. Il legame viene spiegato con la cosiddetta marcia allergica, il percorso delle manifestazioni allergiche che si compie in relazione all’età (prima a livello cutaneo e gastrointestinale e poi respiratorio), da cui l’alto rischio del passaggio dall’eczema ad asma e rinite allergica qualche anno più tardi. Il meccanismo preciso che può spiegare il collegamento tra le due forme è ancora da chiarire, coinvolgerebbe fattori genetici e ambientali; un’ipotesi è per esempio quella di una sensibilizzazione cutanea conseguente all’esposizione della cute danneggiata a potenziali allergeni, seguita da migrazione delle cellule TH2 della memoria immunitaria dalla pelle al tessuto linfoide dei bronchi, e successiva inalazione di allergeni sensibilizzanti, che causa una risposta delle vie aeree sfociante nell’asma.

D: Attività fisica. Qual è lo sport migliore per gli asmatici?

R: L’asma da sforzo (EIA) interessa l’80% degli asmatici e circa il 30% dei rinitici allergici. È dovuta al raffreddamento delle vie aeree durante l’attività fisica, quando si respira più velocemente e, per una legge fisica dei gas, si ha una caduta della temperatura nei bronchi che è uno stimolo alla iperreattività bronchiale e al conseguente broncospasmo.

I sintomi di presentazione dell’EIA sono rappresentati da:

  • “Fiato corto” o respiro sibilante (wheezing)
  • Ridotta resistenza all’esercizio
  • Dolore toracico o sensazione di costrizione toracica
  • Tosse
  • Epigastralgia
  • Faringodinia

Gli sport più consigliati, in ordine decrescente, sono:

Nuoto
Pallanuoto
Canottaggio
Sci di fondo
Pallavolo
Danza
Basket
Calcetto
Tennis
Atletica leggera
Calcio
Ciclismo
Corsa libera

D: Mio figlio ha presentato la comparsa di orticaria e difficoltà respiratoria in alcune occasioni dopo aver fatto attività fisica ed essere ritornato a casa. C’è qualcosa nell’ambiente (palestra, casa) che lo può disturbare?

R: Durante lo svolgimento di attività fisica alcuni soggetti possono sviluppare orticaria fino allo shock anafilattico, anche se quest’ultima evenienza è rara. Distinguiamo i seguenti quadri clinici:

1)  Orticaria colinergica: i pazienti sviluppano papule (“puntini” di 2-5 mm) circondate da un alone eritematoso, ma anche un’unica lesione ampia (10-20 cm) e pruriginosa. Le lesioni generalmente insorgono su torace e collo e possono diffondersi ad altre parti del corpo. Inoltre possono essere presenti sintomi respiratori di accompagnamento, anche se i test di funzionalità respiratoria sono normali.

2)  Anafilassi da sforzo: orticaria e angioedema (gonfiore di labbra, lingua e palpebre), ostruzione delle alte vie, fischi al torace e ipotensione sono i sintomi classici. I pazienti possono presentare anche prurito, spasmi gastrointestinali, nausea e cefalea. I sintomi durano da 30 minuti fino a 4 ore dopo la fine dell’esercizio fisico. La diagnosi si basa sulla storia clinica e spesso avviene in soggetti atopici, cioè con allergia o predisposti ad essa. Per confermare la diagnosi, un test da sforzo può essere utile, ma la sua negatività non la esclude. Il test si esegue dando l’alimento sospetto e poi eseguendo l’attività fisica. In caso di negatività di tale test ma di forte sospetto clinico prima del pasto si somministra un antinfiammatorio non steroideo, che aumenta l’assorbimento intestinale dell’allergene.

3)  Anafilassi da sforzo, cibo-indotta: in questo caso l’anafilassi è secondaria all’ingestione di un determinato cibo, poco prima dell’inizio dell’attività fisica. Gli allergeni più frequentemente coinvolti sono pomodori, cereali e arachidi. I pazienti che presentano questa patologia devono sempre portare con sé adrenalina autoiniettabile e non devono praticare esercizio fisico almeno per 4-6 ore dopo l’introduzione degli alimenti scatenanti.

D: Allergia alla tachipirina. Il mio primogenito ha presentato un’eruzione cutanea dopo aver assunto la tachipirina. Siccome ora ho un altro bambino e credo che prima o dopo dovrà assumere un antipiretico, posso fare ricorso alla tachipirina?

R: Anche se in tutte le patologie ci può essere un maggior rischio familiare, l’allergia al paracetamolo (il composto chimico della tachipirina) è rara tanto che questo è il farmaco preferito nei pazienti che presentano un’intolleranza ai FANS (antinfiammatori non cortisonici), per cui credo che possa somministrarla senza paura. Anche per il primo figlio bisogna tener conto che l’allergia al paracetamolo viene scambiata per un’orticaria post-infettiva, causata di solito dal microbo che ha causato l’infezione, quasi sempre virale, più che da un problema legato al farmaco.

D: Allergia a latte e uovo. Mia figlia ha eseguito degli esami del sangue per un peggioramento della curva di crescita ed è emersa un’allergia all’uovo e al latte, alimenti che ha sempre assunto senza problemi. Cosa devo fare?

R: Se Sua figlia tollera questi alimenti senza problemi, continui a somministrarli, anche perché la deflessione della curva di crescita raramente dipende dall’allergia (avviene solo per i casi gravi). Va esclusa piuttosto un’intolleranza al glutine (celiachia), la causa più probabile di peggioramento della curva di crescita.

BRONCHIOLITE

D: Io e mio marito siamo entrambi allergici. Nostro figlio di 11 mesi, dopo l’ingresso al nido, ha presentato diversi episodi di difficoltà respiratoria, etichettati come bronchiolite. Vorrei sapere qualcosa di più sulla terapia.

R: Ancora oggi la bronchiolite viene trattata con diversi farmaci, con dubbie risposte cliniche, ma probabilmente tutti “funzionano” perché, almeno nella nostra realtà, la patologia tende a guarire quasi sempre da sola. Quello che sappiamo è che:

  • il trattamento indiscutibile della bronchiolite si basa sull’ossigenoterapia, sull’idratazione e su un adeguato apporto di calorie con l’alimentazione (endovenosa o con sondino naso-gastrico)
  • i broncodilatatori sono raccomandati solo se c’è broncospasmo e se determinano un miglioramento clinico immediato
  • gli antibiotici non sono raccomandati se non c’è infezione batterica
  • antistaminici, anticongestionanti orali e vasocostrittori nasali non sono raccomandati
  • la terapia cortisonica per via inalatoria, orale, endovenosa o intramuscolo non è raccomandata.

Una nuova terapia che ci sta dando buoni risultati è rappresentata dalla soluzione ipersalina per via areosolica. Questa soluzione è di regola usata nella fibrosi cistica, ma si è dimostrata utile anche nella bronchiolite in quanto:

  • determina un riassorbimento dell’acqua dalla sottomucosa e quindi riduce l’edema della mucosa bronchiale
  • induce lo sputo e lo stimolo alla tosse facilitando così la liberazione dei bronchi dal muco
  • migliora il movimento delle ciglia respiratorie che rimuovono il muco.

Noi usiamo questa terapia nei casi che non rispondono alle terapie sopra riportate, preceduta dalla somministrazione di salbutamolo, per evitare di causare un broncospasmo nei soggetti predisposti (iperreattivi).

D: Ci sono alcune misure per diminuire gli acari in tempi brevi, per esempio quando si va in ferie?

R: Ci sono in commercio alcuni prodotti, la cui efficacia per brevi periodi non è stata confermata, mentre sembra migliore se il trattamento è periodico, ogni 2-3 mesi. Si trovano sotto forma di soluzione che di polvere umida, il prodotto è costituito da tanacetano, frazione a basso peso molecolare dell’acido tannico la cui proprietà è di denaturare le proteine allergeniche (acari, forfore, micofiti ed anche alcuni pollini).

Gli effetti collaterali nel corso delle ricerche sono stati rari, essenzialmente la dermatite da contatto.

D: Per la diagnosi di allergia sono più utili i test cutanei o quelli eseguiti sul sangue?

R: Premesso che i test vanno scelti in base alla storia clinica e all’esame obiettivo, quasi sempre si risolve il problema con i test cutanei (prick test). Solo in rari casi si ricorre ai test sul sangue, che costano molto di più, la risposta si ha dopo diversi giorni e bisogna fare un prelievo al bambino.

Riporto la classificazione dei test che si fanno abitualmente:

D: Cos’è l’esofagite eosinofila e come si diagnostica?

R: Come dice il termine, è una reazione allergica che coinvolge principalmente l’esofago. Interessa prevalentemente i maschi adulti, ma anche i bambini che presentano allergia a qualche alimento. Il sintomo principale è la disfagia, cioè la difficoltà a ingerire gli alimenti, bruciore retrosternale, sensazione di peso al torace, reflusso gastro-esofageo e vomito, questi ultimi più frequenti nel bambino. La diagnosi richiede la biopsia esofagea, la quale è positiva se dimostra almeno 15 eosinofili (i globuli bianchi dell’allergia) per campo. Per valutare l’estensione dell’esofagite, si esegue un RX baritato. La terapia si basa sull’eliminazione dell’alimento allergizzante o in assenza di una definizione, dei principali allergeni alimentari (latte, uovo, soia, frutta secca, pesce). Quasi sempre si associa un cortisonico per via orale, di quelli che si usano di solito per il trattamento dell’asma (beclometasone, fluticasone, budesonide) mezz’ora prima dei pasti. In casi più gravi, che presentano un restringimento dell’esofago si esegue una dilatazione endoscopica, che viene usata anche nei casi in cui gli alimenti si accumulino (occlusione da bolo alimentare). Se non trattata, l’esofagite porta a restringimenti progressivi dell’esofago con impossibilità a deglutire e a una perforazione esofagea, molto pericolosa.

D: Ha senso usare il latte di capra nell’allergia al latte di mucca?

R: Nonostante le credenze, il latte di capra –così come quello di bufala e pecora- crocia al 90-95% con quello di mucca. I latti più diversi da quello di mucca sono quello degli equini (cavalla ed asina), suini (scrofa) e camelidi (cammella e dromedaria). Diverse persone riferiscono un miglioramento del bambino con latte di capra: questo è dovuto al fatto che, oltre alla piccolo differenza antigenica che all’inizio può essere sufficiente, prolungando l’allattamento si ottiene una tolleranza immunologica.

D: Anafilassi a curari, ipnotici e morfina

R: In caso direazione a tali farmaci, conviene attendere uno o due mesi prima di fare prick e intradermo test, cioè i test sulla cute. Per la reazione ai curari, si possono dosare le IgE specifiche all’ammonio quaternario, contenuto in tali farmaci. Per ipnotici e morfina esiste il solo test cutaneo.

D: Allergia al lattice: come si diagnostica?

R: Il termine corretto è latice, perché deriva dal latino latex. Scrivo questo per rendere più agevole eventuali ricerche sulla rete. La diagnosi prevede l’esecuzione dei test cutanei con estratto allergenico o toccando con una lancetta un prodotto a base di latice puro, il dosaggio delle IgE specifiche e degli allergeni molecolari ricombinanti che permette di distinguere la vera allergia dalle reazioni crociate a kiwi, banana, avocado e castagna.

D: Cos’è la FPIES e come si diagnostica?

R: La food protein-induced enterocolitis syndrome (FPIES) è una forma di allergia alimentare non IgE-mediata, cioè non causata dagli anticorpi dell’allergia, responsabile di quadri clinici molto severi, che esordisce generalmente nel primo anno di vita, benché siano stati segnalati casi a esordio più tardivo, in età pediatrica e persino in età adulta. L’esordio è nella maggior parte dei casi acuto, con una latenza tipica di 1-3 ore dall’assunzione dell’alimento scatenante oppure qualora esso venga reintrodotto dopo un periodo di sospensione. Nelle prime epoche della vita (neonato e piccolo lattante), l’esordio della malattia può essere subdolo e caratterizzare la forma cronica di FPIES. I sintomi sono caratterizzati nella forma cronica da vomito intermittente, diarrea, sonnolenza, scarso accrescimento. Nella forma acuta sono più frequenti vomito, diarrea anche con sangue, pallore, disidratazione, ipotensione fino allo shock. La diagnosi è quasi sempre clinica; in fase acuta si possono avere aumento dei globuli bianchi e delle piastrine, acidosi metabolica. Le IgE per gli alimenti sono negative. La diagnosi si basa sul test di provocazione orale in ambiente ospedaliero per correggere eventuali reazioni gravi. Se vi sono stati almeno due episodi tipici la diagnosi è solo clinica.