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Coronavirus, i pericoli varianti

Anche in questo trentottesimo aggiornamento settimanale forniremo notizie pratiche sull’infezione da Coronavirus, basate sulle domande che ci vengono poste più spesso. Il report non vuole sostituire il ruolo del curante, né quelle della sanità regionale, le cui indicazioni invitiamo sempre a rispettare.

Per chi lo desiderasse, giovedì 18 febbraio, il dott. Mario Canciani sarà presente su UdineseTV, canale 110, alle ore 21.00. Si parlerà anche di asma e di malattie allergiche. Poiché non si potranno fare delle domande in diretta, chi avesse dei quesiti, può mandarli a: studio@mariocanciani.com

IL VACCINO FUNZIONA ANCHE CONTRO LE VARIANTI VIRALI?
Per ora non sappiamo dare una risposta, perché le sperimentazioni sono state fatte prima che uscissero le varianti. Da alcune ricerche iniziali, che dovranno essere confermate, sembra che gli anticorpi neutralizzanti prodotti dai vaccini usati finora (Pfizer e Moderna) proteggano anche dalle varianti, anche se di meno che dai primi dati (70% invece del 95%). Una ricerca preliminare ha visto che la protezione dei vaccini varia molto a seconda delle aree geografiche: per es. il vaccino Johnson&Johnson ha un’efficacia del 72% in America e del 57% in Sudafrica, dove sta girando la variante più contagiosa. Credo che tra qualche mese potremo avere dati più sicuri. Un altro vaccino in fase di sperimentazione, Novavax, ha registrato un’efficacia del 90% in Inghilterra e del 49% in Sudafrica.

PERCHÉ SI CREANO DELLE REAZIONI AL VACCINO?
Come abbiamo già detto, questo è uno dei vaccini più sicuri che ci siano. Ora abbiamo sufficienti pubblicazioni in giro per il mondo, per riuscire a capirne di più. Prima di tutto si è visto che la gran parte delle reazioni sono di tipo vaso-vagale, cioè svenimenti legati alla paura del vaccino. Per ovviare, il vaccino dovrebbe essere somministrato da seduti e in caso di notevole tensione da disteso. L’ altro tipo di reazione, peraltro rara, è legato a un eccipiente del vaccino, chiamato PEG e può essere prevenuta, nei soggetti che abbiano avuto problemi con tale sostanza, eseguendo un test intradermico con una goccia del prodotto, cosa che abbiamo iniziato a fare in alcuni pazienti, con ottimi risultati sul piano della sicurezza.

SIAMO SICURI CHE IL VACCINO FUNZIONI?
Israele, per il fatto che sta vaccinando a un ritmo molto serrato, sta fornendo continuamente dati nuovi sul vaccino: confrontando vaccinati e non con il vaccino Pfizer, si è visto che i vaccinati hanno fatto registrare il 94% in meno di malattia e il 92% in meno di forme gravi. I dati sono molto interessanti, perché sono molti di più di quelli richiesti dalle sperimentazioni per rendere accettato il vaccino: sono state confrontate 600.000 persone vaccinate e 600.000 che non avevano ricevuto il vaccino.

PERCHÉ SI SONO FORMATE LE VARIANTI DEL CORONA?
Non è che SARS-CoV-2 abbia un’intelligenza e riesca a sfuggire ai nostri anticorpi con le mutazioni. Queste sono dovute a un errore di trascrizione del materiale genetico, tipico dei virus a RNA ed a un’elica, che non ha la possibilità di essere “controllato” dalle 2 eliche, come succede per il DNA delle nostre cellule. Per ogni mutazione che emerge, ci sono milioni di copie virali che vanno perse, quindi tutto rientra in un incidente di percorso del virus.

QUAL È LA VARIANTE PIÙ DIFFUSA IN ITALIA?
Purtroppo in Italia esistono pochi laboratori che riescono ad eseguire il sequenziamento genetico del Coronavirus e uno di questi – per nostra fortuna- si trova presso l’Area di Ricerca di Trieste. Secondo alcune stime dell’Istituto Superiore di Sanità, sembra che la variante inglese sia presente nel 18% degli infetti, valore abbastanza simile a quello trovato in Germania e in Francia. Nella nostra Regione sembra che tale variante sia presente nel 6% dei casi.

PERCHÉ LE VARIANTI SONO PERICOLOSE?
Perché chi ha già prodotto anticorpi – con infezione, malattia o vaccino – non le riconosce del tutto e quindi le difese sono meno efficaci, perché la contagiosità e la mortalità aumentano. Secondo i colleghi inglesi la variante inglese sarebbe più contagiosa dal 30 al 50% e avrebbe una mortalità superiore dal 30 al 70%, rispetto al virus iniziale, non variato.